La Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (Pres. Rovelli, Est. Salmé, P.M. Apice – concl. diff.), con la sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015 (per il cui testo, v. il seguente link: Cass. 15350 del 2015), nega la risarcibilità del c.d. danno tanatologico, anche detto danno da morte, e cioè il danno consistente nella perdita della vita.
Si tratta di una decisa retromarcia rispetto al recente precedente reso dalla III sezione Civile della stessa Cassazione (sentenza n. 1361 del 24 gennaio 2014, Pres. Russo, Est. Scarano, P.M. Fresa – concl. conf.); il quale, in sintonia con autorevoli voci dottrinali che da tempo si esprimevano in tal senso, aveva, per la prima volta in sede di legittimità, riconosciuto la risarcibilità di tale controversa voce di danno. La portata della questione è di enorme importanza, in particolare nel settore dei sinistri stradali ed in quello dei sinistri sul posto di lavoro, anche per le rilevanti ricadute che coinvolgono compagnie assicurative ed enti previdenziali.